Renzetti: cosa ho detto ai giocatori

Renzetti: ecco cosa ho detto ai giocatori

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore bianconero Maurizio Jacobacci svoltasi mercoledì nelle accoglienti sale del Casinò Lugano (TiPress) il presidente Angelo Renzetti ha risposto con la tradizionale schiettezza alle domande dei giornalisti. Di seguito le sue dichiarazioni.

*** PERCHE’ IL CAMBIO DI ALLENATORE? “Per me ormai è un’abitudine (sorride). Al di là di tutto leggevo delle statistiche secondo le quali mediamente un tecnico rimane in una società al massimo due anni.  Considerando  che c’è chi non cambia allenatore per non spendere soldi e chi non capisce che è il momento di agire, sono perfettamente in media. Scherzi a parte è stata una decisione ancora più dura e sofferta di quelle prese in precedenza perchè il rapporto del mister con squadra, società e personale con il sottoscritto era veramente ottimo. Ci siamo lasciati, pur con il rammarico della mancanza di risultati, da persone che si stimano e che hanno fatto un percorso importante assieme. Ho già detto in altri consessi che quando la squadra è al di sotto delle aspettative, che magari erano troppo alte, alla fine a pagare è sempre l’allenatore. Non si può prendersela né con la sfortuna, né con i giocatori che ormai ci sono, né con la società che magari ha sbagliato il mercato, quindi resta solo il tecnico. E mi meraviglia che nel calcio ad ogni cambio di panchina ci sia tutto questo frastuono: si dovrebbe comprendere che è l’unica cosa che si può fare. Quando su 17 partite ne vinci tre, una delle quali contro una squadra di Seconda Lega, c’è qualcosa che non quadra e bisogna intervenire. Speriamo che, com’è sempre successo in passato, ci vada bene. C’è da dire che in questi quattro anni in Super League, nonostante i cambi di allenatore,  abbiamo conquistato due volte l’Europa e una volta siamo arrivati in finale di Coppa svizzera. Ora tutti dobbiamo rimetterci in discussione:  i giocatori devono redimersi, la società deve abbassare l’asticella e andare su obiettivi minimi e sperare che mister Jacobacci ci dia una mano. E’ un allenatore che conosce la categoria e -cosa per me importantissima- che vuole rifarsi, né ha tutto il diritto perché aveva fatto bene a Sion  ma non gli avevano dato la possibilità di andare avanti. Una chanche che io gli do volentieri. Nelle mie esperienze calcistiche quando ho offerto a qualcuno un’opportunità che lui voleva fortemente ci ho sempre azzeccato. E’ come in campo quando i giocatori hanno voglia di soffrire e arrivare, di rincorre l’avversario e conquistare la palla, la squadra va bene. Ringrazio Maurizio di essere qui con noi e di essersi messo in gioco. Ringrazio anche il Bellinzona, pur se c’è stata qualche piccola diatriba, per averlo messo a disposizione prima dei tre giorni canonici. Penso sia nell’interesse di tutto il cantone che il Lugano resti in Super League, ne trarrebbero vantaggio tutti: sponsor, tifosi, calcio, ragazzi, altre società, eccetera. Dobbiamo remare dalla stessa parte e sono sicuro che ce la faremo, abbiamo una squadra solida e importante.”

*** COSA SIGNIFICA RIDIMENSIONARE GLI OBIETTIVI? “Onestamente nel momento in cui abbiamo approntato la rosa per questa stagione le aspettative erano di lottare fino all’ultima partita del girone in Europa League, di far bene in Coppa (dove avevamo una squadra che poteva andare avanti) e in campionato di arrivare nella prima metà della classifica. Adesso ci troviamo -come era già successo in passato- in una situazione difficile anche se qualche carta da giocare l’abbiamo ancora. Non dobbiamo più pensare a niente ma ad essere noi stessi, a dare il massimo  e a tirarci fuori con i fatti e non a parole.”

*** C’ERANO ALTRI NOMI IN BALLO PER LA PANCHINA? “Sul piatto non avevo nessuno per il semplice fatto che la squadra era in perfetta simbiosi con il tecnico e con me; abbiamo sempre creduto che  sul fronte dei risultati la situazione potesse cambiare da un momento all’altro. C’è stata la vittoria di Sion, il pareggio con il Kiev e la prestazione un po’ sfortunata di Malmoe. Quello che mi ha fatto decidere, oltre al quadro generale legato ai risultati, è stato vedere Celestini molto sofferente dopo la sconfitta con il San Gallo. Sono rimasto con lui una mezzoretta, senza aprire bocca e ho visto un uomo che soffriva. Intendevo parlargli e chiedergli di cambiare qualcosa nella sua filosofia di gioco, ma a parte il fatto che è difficile far cambiare impostazioni a una persona che è convinta del fatto suo, ho rinunciato perché l’ho visto scarico. Ho avuto l’impressione -ma è una mia riflessione personale che rendo pubblica con tutto il rispetto per l’interessato- che non avesse più tanto da dare alla squadra. Ripeto: ho grande stima per Celestini che ci ha dato tanto e ci ha portato in Europa così come noi gli abbiamo dato tanto. La risposta alla domanda se vi fossero altri candidati è implicita in quanto detto: non c’era nessuno. Sono arrivato a Jacobacci perché il suo procuratore mi ha chiamato dicendomi che aveva la possibilità di liberarsi subito dal Bellinzona. Questo mi ha aperto la mente visto il profilo, le conoscenze del calcio svizzero, la voglia di rimettersi in gioco, il suo approccio al calcio con grinta e aggressività, senza patemi d’animo ho chiamato. Prima non ci avrei mai pensato perché pensavo che fosse impegnato e l’ultimo mio pensiero sarebbe stato di avere un’altra diatriba con l’ACB.”

*** HA GIA’ BOCCIATO QUALCUNO IN VISTA DI DICEMBRE? “E’ innegabile che qualcosa sul mercato abbiamo sbagliato. Avevano molte aspettative e sono andate deluse. Non uno dei giocatori arrivati si è dimostrato superiore a quelli che avevamo. Se è per questione di lingua, ambientamento, o altro,  non lo so. Secondo me questo fatto è anche un po’ all’origine della mancanza di risultati. Un giocatore che arriva in una realtà nuova deve fare i conti che gli altri che avevano creato un’alchimia di gruppo;  i nuovi devono inserirsi e non è sempre agevole. Il cambio di allenatore è una scossa anche da questo punto di vista. Probabilmente qualcuno che è partito a rilento ora si darà una mossa.”

*** COSA HA DETTO AI GIOCATORI? “Ho parlato con la squadra martedì pomeriggio prima della ripresa degli allenamenti e del congedo di Celestini. Ho cercato di responsabilizzare in pieno i giocatori perché a pagare le conseguenze della situazione sono la società (che non ci fa una bella figura nel cambio di tecnico e avrà costi supplementari) e l’allenatore (con un esonero che non è mai una bella cosa nella carriera professionale). Mentre i giocatori continuano a prendere lo stipendio, tanto le colpe sono degli altri,  e non pagano nulla. Ho detto in modo  prorompente a tutti che non ci sto. Non mi sono mai accalorato come ieri: una squadra come la nostra non può avere la posizione di classifica attuale, al di là della campagna acquisti, abbiamo una rosa che non è immaginabile che sia al penultimo posto. Poi una cosa che mi fa arrabbiare moltissimo -e l’ho ribadito ad alta voce  ai ragazzi- sono le telefonate dei procuratori per lamentarsi che il tale non gioca o è poco considerato. D’ora in poi il primo agente che mi chiama lo butto fuori assieme al suo giocatore. Sotto quest’aspetto sono saturo: nel calcio non ce la faccio più. Con tutto il rispetto per chi lavora seriamente  siamo in mano a nullafacenti che guadagnano sulle spalle degli altri e che poi vengono a dire cosa deve fare a un presidente che deve garantire ottanta stipendi al mese. Basta, non l’accetto, non esiste e vale anche per i giocatori che vanno a lamentarsi e fanno il muso se non giocano. Ho parlato anche con lo staff e ho detto che le analisi video devono essere fatte davanti a tutti, specie quando riguardano un giocatore che dopo aver perso il pallone -è accaduto ancora domenica contro il San Gallo- non rincorre nemmeno l’avversario. Costui deve essere messo alla berlina, altrimenti andiamo avanti a prendere lo stipendio a fine mese e quello che succede succede. Io alle 7 di mattina vado in ufficio per guadagnare e sostenere il calcio e il Lugano in Super League. So che non è equilibrato e che in Svizzera non esiste, ormai ci sono quasi solo aziende e fondi finanziari dietro alle squadre. Sono fuori dai ranghi e in disequilibrio al cento per cento, lo ammetto, l’ho voluto io e mi prendo ogni responsabilità. Però un minimo di responsabilizzazione a livello di impegno, di ragionamento, eccetera da parte dei giocatori lo pretendo e d’ora in poi lo pretenderò con ancora maggior forza e interverrò  con decisione se qualcuno non fa il suo. E questo è stato il messaggio molto duro che ho mandato alla squadra, perché siamo qui a fare le conferenze stampe e a parlare di allenatori ma in campo ci vanno i giocatori e dipendiamo da loro. Un ragazzo può sbagliare, ci mancherebbe altro, ma che uno non cerchi di riconquistare la palla persa, non esiste nel mio credo. Sono venuto in Svizzera con la valigia legata con la corda e so cosa significhi fare sacrifici.”

 

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